Quando abbiamo cominciato a scrivere questo libro, il progetto di lavoro prevedeva solo di approfondire l’ascesa al potere delle tre aziende digitali più importanti. Ma ci siamo resi conto che non sarebbe bastato. L’aumento delle ineguaglianze sociali e la crisi profonda della politica in un numero crescente di paesi dell’Occidente, con l’ascesa inarrestabile dei consensi dei partiti populisti, ci imponeva di allargare lo sguardo al passato e al futuro. Così, in corso d’opera, abbiamo modificato il nostro piano di lavoro e abbiamo strutturato l’indice del libro in tre parti: Ieri, Oggi e Domani.
Nella prima parte abbiamo cercato di spiegare come fu possibile – nel mondo della prima industrializzazione – porre dei limiti alle aziende che erano cresciute nel mondo sregolato degli Stati Uniti degli ultimi decenni dell’Ottocento, a partire dalla fine della guerra civile. Per ragioni di spazio abbiamo scelto di usare come filo conduttore del capitolo il caso della Standard Oil, l’azienda di John D. Rockefeller che nel 1911 fu spezzata in 34 società petrolifere. Perché non è mai la tecnologia a creare i monopoli, ma la politica. E fin quando la politica, in America e in Europa, fu decisa a impedire alle aziende di crescere oltremisura, l’ineguaglianza sociale diminuì e la classe media si rinforzò.
Poi, a partire dagli anni Settanta, nella politica e nella cultura collettiva accadde qualcosa che mutò in modo radicale l’equazione che regolava i rapporti tra economia e società. La politica si indebolì, gli stati cominciarono a essere visti come un fardello oppressivo per lo sviluppo dell’economia, dei commerci, della tecnologia.
Quando, all’inizio degli anni Novanta, irruppe sulla scena Internet, sembrava ovvio (quasi) a tutti che sul web ogni attività avrebbe dovuto evolvere in un clima di assoluta libertà. La rete – dissero i predicatori digitali di allora, inconsapevoli delle conseguenze delle loro parole – era la nuova prateria, il Far West della creatività, ed era bene lasciare che evolvesse senza regole e persino – all’inizio – senza tasse.
Il secondo capitolo racconta la situazione di oggi, e anche in questo caso abbiamo deciso di semplificare il quadro, scegliendo di decrivere in che modo le tre aziende più importanti – Amazon, Google e Facebook – hanno conquistato la loro posizione di predominio e quali problemi questo ponga all’economia, alla società e alla democrazia.
Il terzo capitolo parla di quello che ci aspetta nei prossimi decenni, e non per fare della futurologia perché, come disse ironicamente Niels Bohr, “è molto difficile fare previsioni, specialmente riguardo al futuro”. Ci limitiamo a ragionare sui progetti in cantiere nelle grandi aziende della Silicon Valley, sulle loro idee di sviluppo, sul modello di società che vorrebbero costruire. Non è una novità che la nostra cultura sia plasmata dai processi industriali e dalle innovazioni tecnologiche, accadde anche nel corso della prima rivoluzione industriale. Ma oggi le aziende leader della rivoluzione tecnologica in corso si pongono in prima persona come gli architetti di una nuova società progettata dei centri di progettazione software.
I moloch che stanno conquistando l’economia e che sono i protagonisti indiscussi di questo libro, non si limitano ad aumentare le proprie quote di mercato in settori sempre più numerosi, ma hanno un impatto crescente sulla nostra cultura. E in questo caso usiamo la parola cultura in senso molto lato, nel senso di “visione del mondo”. Questi colossi non si limitano a regalarci servizi e a venderci prodotti, ma stanno letteralmente ridisegnando la nostra vita, il nostro modo di fare acquisti, di leggere, di informarci, di guardare la televisione, stanno riprogettando le nostre città, il nostro tempo libero, stanno entrando nelle nostre case per darci suggerimenti su ogni dettaglio della nostra vita, il tempo di lavoro e quello del relax. Siccome sono in grado di controllare e analizzare enormi masse di dati – su di noi, sui nostri comportamenti, sulle nostre idee, sui problemi delle città – sono convinti di avere in mano tutte le informazioni necessarie per riprogettare la nostra esistenza. E tutto ciò avviene con la nostra piena partecipazione, senza ribellioni di sorta, con un atteggiamento collettivo di totale arrendevolezza. I nuovi padroni dell’economia stanno diventando anche padroni della nostra vita e noi accettiamo piacevolmente questa novità perché queste imprese sono amichevoli, ci facilitano la vita, ci offrono molti servizi gratuiti e ci suggeriscono soluzioni comode, attraenti, soprattutto adatte a ciascuno di noi, “personalizzate” sui nostri bisogni. Ma è il momento che l’opinione pubblica cominci a riflettere che cosa significhi tutto ciò, e dove ci sta portando.