Trump e Salvini, maestri di comunicazione digitale

Trump e i troll sui social media

Trump organizza un Social Media Summit alla Casa Bianca. Invitando gli estremisti censurati sul web per avere diffuso fake news e le teorie cospirative. Radiografia di una straordinaria macchina per la propaganda. Che assomiglia a quella di Salvini

Quello che è accaduto alla Casa Bianca giovedì scorso è interessante perché mostra in modo chiaro come sta cambiando lo scenario della comunicazione politica. 

Ricapitoliamo. Donald Trump organizza un “Social Media Summit” e raduna alla Casa Bianca i duecento personaggi più inquietanti del circo mediatico che lo sostiene, gente che fino a pochi anni fa sarebbe stata considerata impresentabile da qualunque presidente. Ci sono tutti gli estremisti di destra che sono stati censurati dai social media per la loro intensa produzione di fake news e teorie cospirative. 

L’organizzazione è studiata con cura: l’evento non viene annunciato da alcun comunicato ufficiale, né viene diffuso l’elenco degli ospiti. Sono gli stessi estremisti a dare la notizia su Twitter. I giornalisti si interrogano per giorni: perché non sono stati invitati? Davvero il presidente sta radunando alla Casa Bianca tutta la feccia di Internet per discutere del ruolo dei social network o si tratta dell’ennesima bufala? I giorni passano, il clamore cresce e alla fine anche i giornalisti sono ammessi. Molti si chiedono se sia giusto seguire un evento di così basso livello organizzato solo per fare da cassa di risonanza al presidente, ma alla fine nessuno può esimersi. 

Charlie Warzel sul New York Times scrive che è inutile entrare nel merito delle questioni sollevate perché in questi casi lo spettacolo conta più della discussione: “I media sono in trappola, incerti se seguire un gruppo di persone che organizza l’ennesima beffa per amplificare la propaganda”.

L’evento dura un’ora e davvero non c’è nulla da segnalare se non le battutacce, le volgarità, gli applausi, i cori. Trump non sposa le opinioni dei suoi invitati (estremisti, impresentabili, in ogni caso tutti trumpiani) ma difende il loro diritto a esprimersi, a non essere censurati sui social, qualunque cosa dicano, qualunque fake news diffondano. Si propone come difensore estremo del Quinto emendamento, cioè del diritto di parola contro ogni censura. Per anni si è scagliato contro i media progressisti, ora attacca Facebook, Twitter, Google, accusandoli di censurare le posizioni dei conservatori. 

Trump è un analfabeta tecnologico, non ha mai usato l’email, non ha niente di significativo da dire sull’argomento ma sa benissimo come twittare le sue opinioni per dettare l’agenda della discussione politica e il ciclo delle notizie. Anche l’ultima provocazione funziona, i tweet si moltiplicano, le interviste televisive si sprecano, i dibattiti alla radio e alla tv si infittiscono: Trump, sempre Trump, ovunque, con le sue truppe schierate a difenderlo.  

Oliver Darcy, giornalista della Cnn, nota che l’evento merita di essere seguito non perché i suoi contenuti siano in qualche nodo significativi, ma perché Trump sta usando la Casa Bianca per dare legittimità agli estremisti che infatti tornano sulla cresta dell’onda, vengono citati, intervistati, promossi in prima serata. 

L’obiettivo di Trump è raggiunto. Ha radunato i suoi sostenitori, li ha invitati a partecipare alla campagna elettorale, li ha invitati a lanciare sempre nuovi memi. Sono le sue truppe, e lui si prepara a dirigere il traffico della battaglia mediatica governando l’agenda delle news. 

Il “social media summit” è un evento organizzato per suscitare clamore, sdegno, proteste. Nell’ultimo mese il presidente è finito nella bufera mediatica per un’accusa di stupro, per uno scontro poco educato con una campionessa della nazionale di calcio, per avere annunciato nuove retate per arrestare immigrati da rimpatriare. Ogni mossa è progettata per creare confusione, rendere incerti i confini tra vero e falso, tra credibile e verosimile, eccitare gli animi dei sostenitori, far crescere la febbre della polarizzazione, noi contro loro, soprattutto contro i media che inventano menzogne. Contro i social che censurano la destra. Contro le élite che congiurano contro il popolo. 

È la stessa tecnica utilizzata da Matteo Salvini che ogni giorno impone la propria agenda ora bloccando fuori da un porto una barca con qualche decina di immigrati, ora lanciando i suoi strali contro Saviano, accusandolo tra le righe di sprecare soldi pubblici grazie alla sua inutile scorta. Spunta una conversazione su presunti finanziamenti di Mosca? Si nega tutto, persino di conoscere un amico intimo, si minacciano querele, poi si annuncia un censimento sui Rom, il nemico più impopolare da dare in pasto ai simpatizzanti. 

I nemici sono gli stessi evocati da Trump: “i giornaloni, gli intellettualoni, gli intelligentoni”. Chi sono questi che vogliono decidere che cosa è vero e cosa è falso?

Il Potere decide l’agenda dei lavori, cioè i temi di cui si parla al bar, si discute in salotto, si chiacchiera inutilmente nei talk show televisivi che ogni volta abboccano. Ecco la vera magia dei social: Potere al Popolo della rete.

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