Gli assistenti vocali e i due monopoli più grandi della storia

Amazon Echo e Google Home
Amazon Echo e Google Home

Google Assistant e Amazon Echo non sono due giocattoli da salotto, ma i mattoni fondamentali della strategia con cui i due giganti del web stanno conquistando i mercati locali, creando i monopoli più potenti mai esistiti

L’assistente vocale è un dispositivo uno e trino: l’intelligenza (artificiale) è sempre la stessa, ma si manifesta di volta in volta come espressione del sistema operativo dello smartphone, del computer desktop, dell’hub domestico. Nei vari ambienti, sa interpretare (o almeno ci prova) comandi e interrogazioni senza richiedere l’interazione con i pulsanti e la tastiera. Google lo ha integrato nel sistema operativo Android per gli smartphone e per i tablet: si chiama «Assistant» e si risveglia al richiamo di «OK Google!». Quello di Apple si chiama Siri ed è inserito nel sistema operativo iOS per iPhone. Microsoft ha colonizzato i computer desktop con Cortana, che è integrato nel sistema operativo Windows. L’assistente vocale di Amazon è stato è attezzato Echo. Per la verità è stata Apple a tenere a battesimo il primo assistente vocale destinato al mercato di massa; ma ha perso in breve il vantaggio derivante dal pionierismo della sua iniziativa.  

Ma Amazon e Google sono ormai molto più avanti dei loro concorrenti grazie a colossali investimenti in ricerca nell’intelligenza artificiale: hanno iniettato l’anima dei loro assistenti vocali in un corpo hardware tutto per lei, assegnandole un posto di primo piano tra gli oggetti di design di casa: una sorta di piccolo totem da esporre in salotto, capace di diffondere la musica e il segnale della radio, rispondere alle domande, gestire gli altri elettrodomestici smart dell’abitazione (accendere e spegnere le lampadine delle varie stanze, regolare il termostato, attivare il televisore e selezionare le serie su Netflix, innescare chiamate telefoniche, cercare e leggere le ricette, segnalare gli appuntamenti della giornata…). 

«Echo» di Amazon ha forma cilindrica e custodisce la mente di «Alexa»; Google invece ha messo in circolazione «Home», che ha la forma di un ovetto e una destinazione già chiarita dal nome. 

Ma l’assistente vocale non gode solo di una natura ibrida, tra software e hardware; vanta anche un potere di ubiquità, che gli permette di essere sempre lo stesso quando si anima, di volta in volta, nel cellulare, nel tablet, nell’hubdomestico. Quindi la sua intelligenza è in grado di conoscere le caratteristiche del proprietario nei vari contesti d’uso, dalle situazioni di mobilità alla vita tra le mura di casa. La sua intelligenza è artificiale, quindi è progettata per non distrarsi mai, per conservare tutti i dati in memoria, per continuare a imparare: nulla da spartire con la superficialità della nostra attenzione e della nostra comprensione dei fatti.

Quasi due anni fa, il 18 maggio del 2016, alla conferenza annuale per gli sviluppatori, il CEO di Google Sundar Pichai ha dichiarato che il 20% delle interrogazioni poste al motore di ricerca negli Usa sono domande vocali. Da allora questa percentuale è cresciuta, e c’è chi stima che nel 2020 ormai metà delle query saranno formulate a voce. Visto che ogni giorno Google risponde ad oltre 5 miliardi di quesiti, il volume di interazioni che non passano più attraverso tastiera e pulsanti è già oggi maggiore di un miliardo.

Una parte di questa curiosità è veicolata dagli assistenti vocali nel formato di totem domestico, che secondo un’indagine di NPR ed Edison Research pubblicata lo scorso gennaio sono presenti in oltre 120 milioni esemplari nelle case degli americani, con una crescita della diffusione del 78% all’anno. Oltre il 53% dei loro proprietari li usa ogni giorno, e Kantar Wordpanel li ha intervistati per farsi un’idea di cosa chiedano al maggiordomo di silicio. La destinazione d’uso più comune è l’ascolto della musica, seguito dalla richiesta delle previsioni del tempo. In terza battuta l’assistente vocale viene interpellato per domande di ordine generale, come accade di solito con Google; poi arriva la richiesta della lettura delle ultime notizie, le informazioni sul traffico automobilistico nella zona o sul percorso da compiere, l’avvio di telefonate, la formulazione della lista della spesa, il controllo degli altri elettrodomestici collegati in rete, la consultazione dell’agenda degli appuntamenti, la richiesta di ricette di cucina, la domanda dell’orario di apertura dei negozi, l’ordinazione del cibo con consegna a domicilio. Un segnale importante che emerge da questa indagine è che i possessori di Google Home tendono a usarlo più di frequente di coloro che hanno scelto il dispositivo di Amazon: non si può escludere che questo risultato derivi dall’abitudine ormai ventennale di rivolgersi al motore di ricerca per la formulazione di qualunque genere di richiesta – consuetudine che sulla piattaforma di ecommerce  è ristretta alla ricerca di prodotti.

Giusto alla fine di marzo Google ha rilasciato una nuova versione  della piattaforma «Shopping» (nel 2017 multata dalla Commissione europea Vestager per violazione delle norme antitrust) sottolineando l’integrazione del servizio con gli assistenti vocali e la personalizzazione dei consigli commerciali, con una procedura di acquisto che si conclude direttamente all’interno dell’ambiente Google, con tanto di programmi di credito, di feldeltà e di consegna. Tra i marchi che si sono alleati con il gigante della Silicon Valley figurano non solo i produttori, come Nike e Sephora, ma anche le catene di grandi magazzini, come Target. Persino Walmart aveva aderito in un primo momento all’iniziativa, per sfilarsi solo pochi mesi fa.

Si può arguire che si è aperto un nuovo fronte nella sfida del mercato retail, dove Google infastidisce la posizione dominante di Amazon. Entrambi cercano il campo di battaglia fuori dai confini del mondo digitale, e vogliono piantare i loro totem di guerra nel terreno concreto della vita di quartiere. Traffico, orari di apertura dei negozi, liste della spesa, consegne a domicilio: i negozi, i supermercati, i ristoranti, i locali e ogni tipo di esercizio commerciale che si trovi a portata di mano, cadono sotto lo sguardo predatore dei nuovi assistenti. Per raggiungere meglio l’obiettivo, Google ha aperto il servizio MyBusiness, per tutte le attività commerciali fisiche, invitando i titolari delle attività a rilasciare tutti i dati necessari per farsi trovare dai chi – trovandosi nei dintorni – interroga il motore di ricerca. I dati consegnati dai gestori delle imprese locali sono sottoposti a controllo dalle Local Guides, un esercito di volontari che partecipano al programma di raccolta di foto e fatti locali, e che esercitano la loro azione di registrazione e di verifica gratis, motivati ad aggiungere sulla piattaforma di Google Maps sempre più immagini e sempre più dati da una tattica di gamification.

Gli assistenti vocali quindi non aiutano Google e Amazon solo ad ascoltare tutte le conversazioni che avvengono in casa dei loro proprietari, a censire tutti gli elettrodomestici smart, a verificare il consumo di energia e la temperatura preferita, gli orari di lavoro, di studio, di riposo, di ingresso e di uscita, i percorsi quotidiani, le ricette preferite, le liste della spesa; contribuiscono anche a rendere Google e Amazon le uniche vetrine del pianeta, gli intermediari universali tra gli individui e qualunque prodotto vogliano consumare. Permettono loro addirittura di essere i suggeritori dei desideri, di profilare e personalizzare i bisogni, gli appetiti, i sogni e le ossessioni.

Lo scopo è quello di escludere dalla competizione sia i mediatori tradizionali, dai negozi di quartiere alla grande distribuzione organizzata, ma anche tutti gli altri attori del mercato digitale. Entrare nella guerra degli assistenti vocali sfidando Google e Amazon non comporta solo un investimento economico adeguato a raggiungere gli stessi livelli di sviluppo di intelligenza artificiale e di potenza di calcolo; significa anche recuperare il volume di dati che sono già stati archiviati dai due giganti e, soprattutto, trovare il modo per ottenerli. Il mercato più grande del mondo, quello retail, si prepara – in ogni modo – ad essere dominato da due padroni, e a dar vita allo scenario di monopolio e di potere più grande mai immaginato nella storia.

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