Facebook batte moneta

Libra, la criptovaluta di Facebook
Libra, la criptovaluta di Facebook

Sarà una “stablecoin”, e il suo nome definitivo dovrebbe essere Libra.  è la criptovaluta che Zuckerberg vuole lanciare suol mercato. Per consentire gli scambi non solo nel mondo virtuale dei suoi social network, ma anche nel mondo reale. Facendo concorrenza alle carte di credito. Zero commissioni e accesso totale ai nostri scambi commerciali. Ci riuscirà?   

«Credo che dovrebbe essere facile spedire denaro a qualcuno quanto mandargli una foto». Così parlò Mark Zuckerberg lo scorso 30 aprile, nel corso dell’evento annuale di Facebook, F8. Ma mentre le divinazioni di Zarathustra erano emanazioni delle sue doti di veggente, quelle di Zuckerberg sono report delle operazioni con cui Facebook crea nuovi monopoli e nuove forme di potere, di fronte alla sonnolenza delle istituzioni antitrust di mezzo mondo. Il nuovo progetto cui allude è la creazione di una criptovaluta che potrà essere usata sia per le transazioni di commercio elettronico sul social network, sia per gli acquisti nei negozi nel mondo offline.

La criptovaluta più famosa presso il pubblico non specialistico è il Bitcoin; la sua notorietà è dovuta all’ondata di speculazioni che l’hanno investita nel corso del 2017-2018, con l’effetto di rendere estrema la sua volatilità del cambio con le monete istituzionali. Tra il 20 marzo e l’11 dicembre 2017 il prezzo è cresciuto da circa 700 dollari a un picco di quasi 19.000 dollari per bitcoin; alla cuspide è seguito un tracollo di un anno, che ha riportato il valore a poco più di 3.000 dollari, quando si è toccata la soglia minima il 10 dicembre 2018.

Le montagne russe di queste fluttuazioni sono motivate dalla natura stessa della criptovaluta: la moneta non viene emessa – e quindi nemmeno gestita nel corso del tempo – dalla Banca Centrale di uno Stato. Il conio è affidato a un software e alle sue procedure di elaborazione, che sono state progettate e sviluppate senza alcun riferimento al mercato finanziario: d’altra parte la criptovaluta non è nata per funzionare come uno strumento di speculazione, ma come un dispositvo di equivalenza universale per scambi di servizi dentro la comunità online che decide di adottarla. L’assorbimento del bitcoin nel mercato finanziario è stata un’operazione che ha snaturato le ragioni della sua esistenza e del suo funzionamento.

Una criptovaluta stabile

In ogni caso, il Bitcoin non può essere assunto come modello per la comprensione dello statuto della criptovaluta di Facebook: il servizio progettato dai collaboratori di Zuckerberg non somiglia alle criptovalute che l’hanno preceduta, né nelle intenzioni, né nei meccanismi d’uso. La missione che viene assegnata alla nuova moneta è anzitutto quello di compiacere una delle istanze essenziali del mercato dei cambi: la stabilità del valore. E infatti la moneta di Facebook è stata finora battezzata “Stablecoin”.

La stabilità del cambio non viene perseguita solo nei confronti del dollaro, ma nei confronti di tutte le monete dei paesi in cui sarà disponibile lo “Stablecoin”. L’obiettivo di Zuckerberg è quello di evitare che la volatilità interferisca con i processi di pagamento o con le attività di negoziazione. Per ottenere questo risultato Facebook sta trattando con le istituzioni finanziarie l’istituzione di un fondo, con una disponibilità di un miliardo di dollari in monete locali, più investimenti in assicurazioni a basso rischio.

In questo modo Menlo Park liquida tutti gli assunti di fondo della tecnologia e dell’ideologia delle criptovalute: la sottrazione al mercato finanziario, l’abrogazione di un istituto centrale che funga da garante, la ridistribuzione del meccanismo di credito su tutti i pari della comunità che adotta la moneta, la creazione di un equivalente universale di scambio che venga usato solo per la cessione di servizi o di beni, e non come merce in sé. Di fatto, la criptovaluta di Facebook viene modellata per funzionare come una carta di credito.

Una valuta integrata nei social network

L’aspetto dirompente della mossa di Zuckerberg è che i pagamenti potranno avvenire su tutte le piattaforme di messaggistica del Gruppo, senza richiedere il pagamento di alcuna commissione per le transazioni eseguite. In altre parole, gli utenti dello Stablecoin potranno ricorrere a Whatsapp come se fosse un app per i pagamenti elettronici (per esempio Satispay), ma il suo uso sarà ancora più semplice, e soprattutto sarà integrata nella rete di contatti del social network. Se questo non bastasse, Zuckerberg sta anche progettando di rilasciare delle tessere fisiche che potranno interagire con i dispositivi tradizionali di pagamento offline. Il progetto di Zuckerberg non aggredisce solo il piccolo mercato delle criptovalute, ma invade quello molto più grande e remunerativo delle carte di credito. Può contare sui 2,3 miliardi di individui già registrati alla sua piattaforma, e profilati per l’attivazione di campagne pubblicitarie personalizzate su interessi e sensibilità sociali. E promette l’azzeramento dei costi di commissione sulle transazioni, su cui si fonda il modello di business degli attori che oggi presidiano il mercato.

In questo modo Facebook intende minacciare anche il primato di Amazon nell’ambito dell’e-commerce. Quello che Zuckerberg non guadagna in commissioni sui pagamenti, lo recupera nel dominio della knowledge economy: oltre alla profilazione dei like, il dispositivo della criptovaluta gli permette di tracciare l’universo dei bisogni e delle scelte che sono deducibili dagli acquisti del mercato retail. La base degli oltre due miliardi di utenti attivi dei servizi delle sue piattaforme è una risorsa che può sfidare l’archivio di dati di Amazon e intercettare almeno una parte del traffico commerciale del pianeta. Secondo l’analista Ross Sandler di Barclays, lo sviluppo della criptovaluta dovrebbe far crescere il fatturato di Facebook da un minimo di 3 miliardi a un massimo di 19 miliardi di dollari, entro il 2021.

Facebook studia da direttore generale del sistema finanziario mondiale, con la modestia di chi non vuole assumersi questo incarico in prima persona. Zuckerberg tiene per sé l’autorità del vate, e lascia il compito burocratico di dirigere (formalmente) la vita della sua criptovaluta a una fondazione esterna, con una soluzione che offre due vantaggi. Il primo è quello di liberare Menlo Park dalla suscettibilità che le istituzioni antitrust stanno manifestando nei suoi confronti, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica. Il secondo è quello di disporre di uno strumento con cui finanziare il progetto. The Information infatti assicura che Facebook sta coinvolgendo diverse aziende a livello planetario perché entrino a far parte del consiglio di supervisione: per avere diritto di parola dovranno versare un gettone da dieci milioni di dollari, un prezzo equo per l’accesso a un club tanto esclusivo.

In un primo momento si era mormorato che il nome della criptovaluta di Facebook dovesse essere GlobalCoin; la fonte del sussurro era l’autorevolissima BBC, che si avventurava anche a fissare la data del rilascio nel primo trimestre del 2020 in una dozzina di nazioni. Reuters ha poi riferito in modo più convincente che il nome della moneta dovrebbe coincidere con quello del progetto da cui è tenuta in gestazione, e con quello della società che è stata aperta lo scorso 2 maggio a Ginevra: Libra Networks, fondata dalla holding di Zuckerberg.

Già nel dicembre del 2018 un articolo di Bloomberg aveva annunciato l’esistenza di un progetto di Facebook per lo sviluppo di una criptovaluta. La fonte era interna a Menlo Park, e il primo obiettivo sembrava la realizzazione di un servizio destinato agli utenti di Whatsapp che volevano inviare soldi ai famigliari rimasti in India (dove sono 200 milioni gli iscritti alla piattaforma acquistata da Zuckerberg nel 2014 per 19,3 miliardi di dollari). Secondo la Banca Mondiale, l’India è il paese che gode dei maggiori introiti da rimesse di pagamento, provenienti dai lavoratori emigrati: nel 2017 il loro valore totale è stato equivalente a 69 miliardi di dollari.

Un’idea di David Marcus

Il direttore dell’iniziativa è David Marcus, che è il responsabile di tutti i prodotti di messaggistica del Gruppo. Ma David Marcus è molto più di quanto dice il suo ruolo aziendale, perché il suo curriculum vanta almeno due incarichi che offrono una lettura più ampia di quanto sta accadendo: è stato co-fondatore ed ex-presidente di PayPal, ed è entrato nel consiglio di amministrazione di Coinbase nel dicembre del 2017 (per uscirne nell’agosto 2018). In altre parole, Marcus è il creatore della più grande piattaforma di pagamenti alternativa alle carte di credito, ed è intervenuto nella gestione di uno dei portafogli di scambio in criptovalute più antichi e più diffusi nel mondo: oltre 20 milioni di clienti per più di 150 miliardi di dollari di scambi. Si tratta del nome più credibile per confermare i sospetti che il mercato delle transazioni con carta di credito rappresenti il primo obiettivo di conquista dell’operazione Libra. La creazione di un intero sistema finanziario autonomo, ampio quanto l’intero mercato degli scambi commerciali per individui e famiglie, articolato da un sistema di cambi stabili con quello istituzionale, eccentrico rispetto a Menlo Park solo per l’aspetto formale della governance affidata alla Fondazione – costituisce invece l’obiettivo ultimo dell’operazione.

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