La nuova Apple: tv, giornalismo e finanza

Apple ha annunciato la sua nuova strategia nei servizi: un servizio di streaming tv (Apple TV Plus) per fare concorrenza a Netflix; un servizio di abbonamento a quotidiani e riviste (Apple News Plus) e una nuova carta di credito (Apple Card). È l’ultimo di una serie di annunci, in poche settimane, che mostra come i colossi del web stiano dilagando nel mondo dell’entertainment e della finanza. In particolare: 


  • Mark Zuckerberg ha annunciato che presto presenterà una sua carta di credito per consentire acquisti e scambi di denaro sui suoi social (Facebook, Whatsapp e Instagram che saranno integrati in uno solo). 
  • Google è entrato nel business dei videogiochi online (che vale 135 miliardi di dollari). Il nuovo servizio si chiamerà Stadia, già battezzato il “Netflix dei videogiochi”. Si paga un abbonamento e si comincia a giocare online.  
  • Walt Disney Corporation ha acquistato 21st Century Fox per 71,3 miliardi di dollari. Era già la numero uno di Hollywood (con marchi come Marvel, Pixar, Lucasfilm e altro), ma ha deciso di crescere ulteriormente per entrare nel mondo dello streaming, che si sta facendo sempre più affollato. 

Che cosa significa? I giganti del web dilagano nel mondo dei servizi, ciascuno partendo dal proprio punto di forza; progettano di diventare i principali canali di distribuzione non solo nel commercio elettronico ma anche nell’entertainment e nel giornalismo; e puntano a diventare giganti della finanza seguendo il modello della cinese WeChat. 

Quale futuro per Apple? L’annuncio del 26 marzo dimostra che l’azienda di Cupertino sta cambiando pelle: le vendite di iPhone non crescono più e la nuova scommessa è la vendita di servizi. Il nuovo annuncio illustra la nuova strategia:

  • Apple Tv+ consentirà l’accesso a canali come Hbo e Showtime e ai contenuti originali prodotti in casa. Secondo l’Economist Apple ha già investito “tra uno e due miliardi”. Sul palco, il giorno dell’annuncio, c’erano star del calibro di Oprah Winfrey e Steven Spielberg. Il servizio partirà a fine anno in un centinaio di paesi.
  • Il servizio di abbonamento ai giornali (che partirà prima negli Usa e in Canada) costerà 9,99 dollari al mese e offrirà l’accesso ad articoli forniti da circa 300 riviste e quotidiani che hanno accettato le condizioni imposte da Apple che terrà per sé il 50% dell’abbonamento. Il resto andrà diviso tra le aziende editoriali, in proporzione ai clic degli utenti. I giornali non pubblicheranno tutti gli articoli ma solo una selezione. Il Wall Street Journal ha aderito, ma fornirà solo articoli scritti apposta per Apple News+ da una cinquantina di nuovi assunti, ma non su temi finanziari, per non cannibalizzare il giornale. Ci saranno anche riviste come Bon Apetit, The New Yorker, The Atlantic, National Geographic, Vogue. Ma il New Yorh Times e il Washington Post si sono tenuti fuori.

I punti di forza di Apple. Tim Cook lo definisce “ecosistema digitale”, cioè un ambiente in grado di tenere insieme tuttii pezzi del sistema: computer, cellulari, servizi finanziari, commercio elettronico, servizi di entertainment, informazione.  

  • Il principale concorrente, Netflix, ha già 140 milioni di abbonati nel mondo e quest’anno ha investito nella produzione di film e serie tv circa 10 miliardi di dollari. Ma Apple punta sui 900 milioni di iPhone in uso nel mondo, più un altro mezzo miliardo di strumenti (Mac, iPad, iPod…). Inoltre già 56 milioni di abbonati a Apple Music e oltre 200 miliardi di dollari di liquidità da investire.   
  • Punta da una parte sulla sua reputazione per la qualità e dall’altra a garantire agli utenti una ragionevole privacy (almeno rispetto agli altri giganti del web): niente pubblicità targhetizzata né vendita delle nostre informazioni ai pubblicitari.
  • Apple fornisce garanzie sulla privacy: non venderà la pubblicità sulla base delle scelte degli utenti, e non venderà i loro dati a nessuno. 
  • Quando farà partire Apple Card, concederà agli utenti uno sconto del 2% da investire in abbonamenti.  

Tv generaliste a rischio.Le reti che basano i loro introiti sulla pubblicità rischiano di subire il rapido processo di ridimensionamento subito dai giornali nell’ultimo decennio. L’audience si sta spostando verso la tv via streaming e gli utenti si stanno abituando a programmi senza pubblicità: questo processo sembra inarrestabile e porterà inevitabilmente gli investimenti pubblicitari a spostarsi sul web, dove già oggi Google e Facebook controllano il 60/70 per cento del fatturato complessivo. Si va verso la morte del break pubblicitario? È probabile. 

E il giornalismo? Commentando la strategia di Apple, Techcrunch sottolinea un punto chiave: ancora una volta, il successo (o la rovina) dei giornali dipenderà da un algoritmo su cui gli editori non hanno alcun potere contrattuale. Infatti, la somma che gli editori riceveranno dipenderà da quanti articoli verranno letti e questo sarà in relazione all’algoritmo progettato da Apple, che deciderà quali articoli pubblicare sulle home page personalizzate per ogni utente. Ma non sempre gli articoli più cliccati sono quelli di maggiore qualità (è più spesso vero il contrario) e la schiavitù del clic induce i giornali ad abbassare il livello dei pezzi prodotti e a minimizzare il tempo necessario a scriverli. Si dice, ormai è un luogo comune, che il futuro delle aziende nella gestione dei dati dei clienti. Ma i giganti del web (in questo caso Apple) tengono i dati per sé, impedendo ai giornali un rapporto diretto con i lettori. Ricapitolando: Apple vuole tenere per sé il 50% degli abbonamenti, e tutti i dati. Per i giornali è l’ennesima catastrofe.

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