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Approfondimenti


Il divorzio difficile tra i social e il business delle fake news

La reputazione di Facebook scende al 94esimo posto su cento aziende. Anche gli altri giganti digitali perdono colpi. E temono duri interventi regolatori. Così cominciano a occuparsi delle notizie false. Che fino a ieri erano parte importante del loro business (continua la lettura)

Segnalazioni


Il marketing politico secondo Donald Trump


Brad Parscale, campaign manager di Trump (oggi e nel 2016), in diverse interviste ha illustrato le sue strategie elettorali (grazie a MondayNote, di Fredric Filloux). Vale la pena di riassumerle:  

  • 2016: nella sua campagna elettorale Hillary Clinton fece 66 mila diversi messaggi pubblicitari, Trump 5,9 milioni e nell’ultimo dibattito presidenziale ne inviò 175 mila (tutti diversi) in un solo giorno.
  • 2020. Parscale punta a una spesa di un miliardo di dollari e a 1,6 milioni di volontari (nel 2016 erano 700 mila) impegnati sui social e nel porta a porta. Obiettivo: bussare a ogni casa, capire le paure e i problemi di ogni famiglia in modo da poter associare dati digitali a interviste reali e raccogliere le email e il numero di cellulare di 40, 50, 60 milioni di persone. 

Dice Parscale: “Ho smesso di pensare agli elettori in termini di gruppi demografici, ma come individui. Questo è il futuro del marketing politico”. è la personalizzazione, bellezza.


Il marketing politico secondo il Pd

Da marzo a giugno, in occasione delle elezioni europee, i partiti italiani hanno speso (in totale) 660 mila euro. Soprattutto su Facebook (568 mila), molto meno su Google (92 mila). Gli investimenti si sono concentrati sul profilo del Partito democratico (164 mila euro), quello di Matteo Salvini (128 mila) e quello di Silvio Berlusconi (93 mila). In altri termini, “mentre il movimento di centrosinistra ha puntato sul brand del partito la Lega e Forza Italia hanno finanziato le campagne dei loro leader” scrive Openpolis, che ha analizzato i dati. In totale lo schieramento di centro sinistra ha speso €197.893, la Lega €152mila, Forza Italia €142mila. Il M5s si è fermato a 50 mila euro. Ma il Pd è l’unico partito che ha scelto di non personalizzare la campagna. Forse per ragioni etiche, forse perché non ha un leader carismatico su cui puntare. In ogni caso, la sua campagna è stata certamente meno efficace. Openpolis fa notare che questo tipo di pubblicità targhetizzata a ogni singolo utente, pur avendo ormai dimensioni rilevanti, non è ancora stata regolamentata.

Liverpool campione d’Europa: quanto è merito dei Big Data? 

Il New York Times si chiede quale sia stato il ruolo dei Big Data nel trionfo del Liverpool in Champions League. È noto infatti che il Liverpool ha ampiamente usato tecniche di machine learningsia per mettere a punto la preparazione tecnica della squadra sia nella costruzione delle tattiche di gioco. Il trionfo in Champions League è dunque il riconoscimento di un nuovo paradigma nella concezione del calcio?

Ignorando l’Antitrust, Amazon punta alle telecom

L’FTC (Federal Trade Commission) apre un’inchiesta sui comportamenti anticompetitivi di Amazon (e di altre piattaforme digitali)? Jeff Bezos non sembra spaventato: per tutta risposta pensa di diventare protagonista anche nel mercato delle telecomunicazioni. La fusione della controllata T-Mobile con Sprint permetterebbe infatti al nuovo soggetto controllato da Bezos di assumere dimensioni paragonabili a quelle di AT&T e di Verizon.

Anche Google e Facebook sfidano l’Antitrust

Non solo, Amazon, anche Google e Facebook stanno andando avanti nei loro programmi ignorando le inchieste aperte dall’Antitrust nei loro confronti:

  • La divisione Cloud di Google ha annunciatodi voler acquistare Looker (società di Data Analytics) per 2,6 miliardi di dollari. Questo nonostante sia accusata da più parti di aver stimolato la propria crescita, negli ultimi dieci anni, grazie a molte decine di acquisizioni eliminando così sul nascere tutti i possibili concorrenti. 
  • Facebook ha fatto sapere che il suo progetto di creare una nuova cryptomoneta da usare sulla piattaforma va avanti: i colloqui con l’ente regolatore(la Commodity Future Trade Commission) sono in uno stadio avanzato.

Il fatto bizzarro è che l’apertura delle inchieste da parte dell’Antitrust sta accelerando l’espansione dei colossi digitali. È noto che i processi dell’Antitrust sono lunghi e logoranti: quello a Microsoft durò dieci anni. Quando la sentenza arriverà (se arriverà) il potere delle piattaforme sarà ulteriormente cresciuto e le loro tecnologie più avanzate. 

Perché Apple investe sulle mappe 

Apple vuole ricostruire Apple Mapse sta cominciando dal Canada e da alcuni Stati Usa, dove le sue auto cariche di strumenti di rilevazione del territorio stanno percorrendo ogni stradina. Risultato: mappe più dettagliate, anche delle aree verdi e pedonali, immagini più accurate di ogni edificio. Come Google, Apple sta cercando di creare una replica della realtà sempre più realistica e accurata: un palcoscenico adeguato alle imminenti tecnologie di realtà virtuale.

Netflix pro aborto

Netflix metterà in discussione i suoi investimenti in Georgia se le nuove leggi antiaborto saranno applicate. Motivazione: le donne che lavorano per l’azienda in quello Stato “vedrebbero i loro diritti danneggiati”. Lo ha dichiarato Ted Sarandos, numero uno di Netflix. D’altra parte Hollywood si è sempre schierata a favore dei diritti civili. E Netflix si considera la nuova Hollywood.

Come tassare le aziende digitali?

Il problema è al centro di un difficile dibattito tra i governi che aderiscono all’ Ocse. Perché il web non ha i confini degli stati e capire come tassare in Italia un’azienda che ha sede a Seattle o in Lussemburgo è un problema. Un lungo articolo del Wall Street Journal  spiega che in questo momento gli Stati Uniti spingono per una soluzione che consenta di determinare quanto dei profitti di un’azienda sia dovuto “alla proprietà intellettuale utilizzata in ogni singolo paese”. Germania e Francia puntano invece a stabilire una “minimum tax”, una norma simile a quella adottata dalle leggi fiscali Usa nel 2017. Il problema è complesso perché diversi paesi (Lussemburgo, Svizzera, Irlanda…) puntano i piedi sapendo che comunque vada ci rimetteranno. I ministri delle Finanze dei venti paesi con il pil più alto ne discutono questo fine settimana a Tokyo. Se le trattative falliranno, ognuno farà per sé: un caos fiscale che nessuno si augura.

Date l’intelligenza artificiale agli artisti

In un saggiopubblicato l’anno scorso da Cristóbal Valenzuela e in uno più recentedi Jason Baile si sostiene che le attuali barriere imposte agli artisti nell’uso dell’intelligenza artificiale ricordano la resistenza ai “colori in tubetto” che vigeva ai tempi in cui gli artisti si sentivano obbligati a creare ognuno i propri pigmenti. I due esperti affermano che senza i colori in tubetto, facilmente trasportabili per chi voleva dipingere en plein air, non ci sarebbero stati Cezanne, Renoir, Pizzarro e l’intero Impressionismo. Valenzuela e Bailey sono convinti che “la democratizzazione dell’intelligenza artificiale per gli artisti e i designer porterà una rivoluzione estetica: entreremo in un’era di appropriazione di massa e di un radicale remix dei materiali visuali come non abbiamo mai visto finora”. Come tutte le previsioni, anche questa va presa con le molle.