Newsletter #15

Cominciamo la nuova stagione con un approfondimento sull’impatto che la rete ha sulla politica, un tema oggi centrale (non solo in Italia) su cui torneremo. Buona lettura!

Approfondimenti


È Internet a produrre i Salvini?

La maggioranza degli italiani approda alla rete dopo il 2008. E oggi passa sei ore al giorno sul web in un mondo digitale sempre più personalizzato. Che ruolo ha avuto questa gigantesca migrazione sulla cultura collettiva? C’è un legame con il proliferare dei populismi? Facciamo alcune ipotesi 
(continua la lettura)

Segnalazioni


Antitrust Usa: pronti a spezzare Facebook

Joe Simmons, capo della FTC (Federal Trade Commission, cioè l’Antitrust americano) ha dettodi essere pronto a a spezzare le grandi società high tech: “Non è la cosa ideale, ma se è necessario, dobbiamo farlo”.  In particolare, in un’intervista con Bloomberg, ha detto che vecchie acquisizioni da parte delle grandi società high-tech potrebbero essere rimesse in discussione. E il riferimento a Facebook, che negli anni scorsi ha incorporato Instagram e Whatsapp, è sembrato palese.

Attenti, Threads ti segue

Facebook sta testando una nuova app battezzata Threads, progettata per essere associata a Instagram ed essere usata nella cerchia di amici più intimi. Il punto chiave è che attraverso Threads si consentirà agli amici di conoscere in tempo reale la nostra posizione. Con due obiettivi. Il primo è fare concorrenza a SnapChat che sta diventando un serio concorrente tra i giovani. Il secondo è creare una nuova fonte di dati sugli utenti. (La nuova politica di Zuckerberg, che punta a trasformare Facebook “da piazza pubblica a salotto di casa” per garantire più privacy potrebbe infatti far diminuire le informazioni ottenute sugli utenti). Siân Brooke, ricercatore all’Oxford Internet Institute, si chiede come cambierà il comportamento di chi accetterà di essere seguito in modo costante. 

Bruxelles investe in hi-tech

Politico ha pubblicatoun lungo documento (173 pagine) messo a punto dai funzionari dell’Unione europea per predisporre un fondo di cento miliardi di euro da investire in partecipazioni azionarie in società high tech dell’Unione europea. Obiettivo: consentire alle aziende europee di competere con i big americani e cinesi. Il documento chiede anche misure più stringenti per impedire che aziende cinesi che godono di aiuti pubblici partecipino a gare europee. Inoltre chiede nuove regole, da attivare nella seconda metà del 2020, per far sì che i social network siano responsabili dei contenuti pubblicati online e che la pubblicità politica in rete sia più trasparente. 

La UE vuole regolare il riconoscimento facciale

La Commissione europeavuole regolare l’uso del riconoscimento facciale limitando il suo uso indiscriminato garantendo ai cittadini il diritto di sapere quando e come queste tecniche vengono usate. Quest’anno l’autority svedese per la protezione dei dati ha aperto un’inchiesta su una scuola che usava il riconoscimento facciale per verificare la presenza degli studenti. Va sottolineato che la raccolta di dati biometrici sensibili per il riconoscimento delle persone è già proibito dal GDPR (General Data Protection Regulation) europeo, a meno che i cittadini non diano il proprio consenso.   

Von der Leyen: una legge per una IA più etica 

Ursula von der Leyen, fresca di nomina alla presidenza della Commissione europea, ha detto che proporrà una legge per regolare le “implicazioni etiche e umane dell’intelligenza artificiale” entro i primi cento giorni di governo. Si tratta di una mossa importante perché ancora una volta (come è accaduto per la protezione dei dati e la privacy con il GDRP) l’Europa potrebbe imporre uno standard di riferimento a livello internazionale.

DeepMind: 568 mila dollari per ogni dipendente 

Ogni dipendente di DeepMind, la società di punta di Google nelle ricerche sull’intelligenza artificiale, costa all’azienda568 mila dollari all’anno. L’anno scorso DeepMind ha dichiarato perdite per 470 milioni, ma per Google si tratta evidentemente di un investimento irrinunciabile visti i risultati ottenuti dall’azienda che – tra le altre cose – ha prodotto AlphaGo e AlphaStar (in grado di battere i campioni mondiali di Go e Starcraft), e AlphaFold (per progettare nuove molecole).  

Anche i milionari litigano online 

Evidentemente c’è qualcosa di compulsivo nelle discussioni in rete. Google, che ha sempre favorito il dialogo tra i suoi dipendenti, ha imposto moderatori alle discussioni nelle chat interne che troppo spesso andavano fuori controllo, in particolare su temi caldi come i contratti di collaborazione tra Google e il Pentagono, ma anche su questioni politiche generali. “Queste discussioni – si legge nel comunicato interno di Google– interrompono e danneggiano il lavoro”.   

YouTube, un gioco da bambini

Criticata per anni per anni per i contenuti violenti ed estremisti pubblicati sul suo sito, YouTube risponde con una app e un sito dedicati ai bambini, con tre canali: sotto i quattro anni, tra i 5 e i 7 anni, e tra gli 8 e i 12.

Big Tech si mangia Hollywood

Apple ha deciso di investire sei miliardi di dollari per produrre contenuti (serie, film, documentari…) per lanciare su Apple TV Plus, il suo servizio di streaming. The Verge notache Netflix ha impiegato sei anni per arrivare all’attuale investimento di 15 miliardi all’anno per produrre contenuti originali (oltre 300 film e serie in tutto il mondo). Apple può permettersi di affrontare questa nuova sfida rischiando subito una cifra così sbalorditiva grazie ai 210,6 miliardi di dollari accumulati in banca. Un discorso analogo vale per Amazon. I big del digitale si stanno mangiando Hollywood. 

Tinder tira di più

Tinder, il social network specializzato negli incontri tra coppie, spesso a esclusivo scopo sessuale, va a gonfie vele: nel 2018 ha realizzatoun fatturato di 1,1 miliardi di dollari, con una crescita del 40% sia del fatturato sia del margine operativo. È il sesso, bellezza.

Cinque giganti sotto la lente

L’Economist pubblica grafici interessantisul peso crescente dei cinque Big dell’high tech nell’economia Usa. Microsoft, Amazon, Apple, Alphabet/Google e Facebook messi insieme rappresentano ormai la metà della capitalizzazione dell’intero mercato di Borsa. Quest’anno spenderanno in ricerca il 30% degli investimenti di tutte le 500 aziende più capitalizzate in Borsa; nel 2010 erano al 10%. Dal 2010 a oggi hanno speso 100 miliardi di dollari cash (e una somma maggiore in azioni) per acquisire possibili concorrenti (un comportamento predatorio? Si chiede l’Economist). Ancora: nel 2019 un terzo degli investimenti pubblicitari negli Stati Uniti (offline e online) finirà nelle tasche di Google e Facebook. A preoccupare l’Economist, non sono le eventuali debolezze dei cinque big, ma il loro eccessivo potere che infatti sta allarmando anche le autorità Antitrust.

Fake News: l’IA che sforna discorsi per l’Onu 

Joseph Bullock e Miguel Luengo-Oroz, due ricercatori di Global Pulse, un’iniziativa dell’Onu, hanno usato un software open-source di intelligenza artificiale per creare un generatore automaticodi discorsi da pronunciare davanti all’assemblea dell’Onu. Per arrivare a questo risultato hanno addestrato il software con tutti i discorsi Onu pubblicati su Wikipedia. Dopo 13 ore di elaborazione il modello era pronto a sfornare discorsi di ogni genere su qualunque argomento: dal disarmo nucleare ai profughi.  I due ricercatori hanno pubblicato un paperper descrivere il loro lavoro che dimostra quanto sia ormai facile generare automaticamente fake news. 

La Svizzera dà una mano ai giornali

Simonetta Sommaruga, socialista, responsabile del Dipartimento federale delle cominicazioni svizzero, proporrà  al parlamento un pacchetto di misure per aiutare sia i giornali di carta sia quelli online(mentre l’Italia sta eliminando ogni finanziamento). Il contributo per i giornali cartacei salirà da 30 a 50 milioni di franchi svizzeri (circa 54 milioni di euro). Una cifra identica sarà distribuita ai media che vendono contenuti digitali. Sommaruga ha detto di ispirarsi alla politica di Svezia e Danimarca. Secondo lei i media rivestono un ruolo importante per la democrazia e, vista la situazione di crisi, sono necessarie misure rapide.

News: aggregatori contro i giganti

Numerosi editori, in tutto il mondo, stanno investendo in una nuova ondata di aggregatori di news per combattere il dominio nel mondo dell’informazione di Google e Facebook. News Corp (che appartiene a Rupert Murdoch) sta sviluppando un prodotto battezzato Knewz per aggregare le news di centinaia di giornali, che potranno condividere sia i dati sugli utenti sia gli introiti pubblicitari. Ma il business degli aggregatori sta esplodendo in tutto il mondo. In Europa è decollato Upday (25 milioni di utenti, di Axel Springer), in Giappone SmartNews (20 milioni di utenti). Un modo per combattere Google e Facebook che producono traffico e pubblicità dai contenuti dei giornali, senza dare quasi nulla indietro. 

Gli Usa avvertono: niente armi sui droni

La Federal Aviation Administration, l’ente regolatore del traffico aereo negli Usa, ha avvertito la popolazione che è illegale far volare un drone che trasporti un’arma pericolosa, a meno di non avere una speciale autorizzazione. In altri termini: gli americani sono piuttosto liberali nella vendita delle armi e nel loro uso individuale. Ma sui droni armati mettono qualche paletto.  

Contrordine: YouTube è solo gratis

YouTube fa retromarcia: niente più abbonamento per accedere ai propri video esclusivi. Troppo dura la guerra con Netflix, Amazon, Apple, Disney e gli altri protagonisti dello streaming. Ora i contenuti di Youtube sono tutti gratis, finanziati dalla pubblicità.  

Amazon fuori controllo

Amazon è troppo grossa e ha perso il controllo, suggerisce il Wall Street Journal in un’inchiesta pubblicata il 23 agosto. I giornalisti hanno individuato almeno 4.152 prodotti, regolarmente in vendita su Amazon, che sono stati dichiarati non sicuri e messi al bando dagli organismi regolatori. Alcuni di essi erano addirittura venduti sotto l’etichetta “scelti da Amazon”. Il commento del giornale: “Quando una piattaforma tecnologica supera certe dimensioni cominciano a verificarsi fenomeni che ormai stanno diventando familiari e l’azienda non ha più il controllo sulle proprie attività”: è successo con Twitter (insulti alle donne e alle minoranze), a Facebook (caso Cambridge Analytica), a YouTube (contenuti estremisti), e così via.   

Vagina proibita su Twitter

Twitter – che proibisce tweet per promuovere siti per adulti – ha dichiarato guerra alla parola “vagina”. Chi vuole promuovere prodotti o libri sulla salute e sull’igiene delle parti intime delle donne viene estromesso. Un divertente articolo su Vice.