La app che facilita gli incontri di coppia ha più di dieci milioni di utenti attivi ogni giorno. Un’attività che garantisce a Match.com profitti da quasi mezzo miliardo di dollari nel primo trimestre 2019. Radiografia di una azienda che sta cambiando profondamente le modalità con cui le coppie si formano. E persino i rapporti inter-razziali
Il cuore ha 465 milioni di ragioni che la ragione non solo comprende, ma approva e incentiva. Anche Pascal sarebbe stato d’accordo con questa riflessione, se avesse potuto dare un’occhiata al bilancio del primo quarto del 2019 di Match.com, la società proprietaria di Tinder, oltre che di altri servizi per appuntamenti galanti come OkCupid, PlentyOfFish e Hinge. 465 milioni di dollari sono il profitto dei primi tre mesi dell’anno, con un fatturato in crescita del 14% rispetto allo stesso periodo del 2018. I dividendi per gli investitori, sempre rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, sono aumentati del 23%, mentre i guadagni operativi sono in risalita del 6%, a 119 milioni di dollari. La ragione va a nozze con il cuore, soprattutto quando c’è di mezzo tanto sesso, specie se frutta affari d’oro, come in questo caso.
Come avrà immaginato chi non conoscesse Tinder, o si ostinasse a far finta di non saperne nulla, il prodotto più redditizio di Match.com è l’appmobile più famosa nel mondo per chi cerca un incontro romantico con una persona dell’altro sesso (negli appuntamenti tra coppie omosessuali le viene preferita Grindr). Il meccanismo della scelta del partner rappresenta il motore fondamentale del dispositivo: il suo successo deriva soprattutto dall’aver semplificato oltre i limiti della decenza questo compito – rendendolo non solo molto semplice, ma anche divertente, o forse compulsivo.
L’algoritmo dell’app (che si chiama Elo) presenta all’utente un carosello di immagini, ognuna delle quali raffigura un uomo o una donna estratti dall’archivio di coloro che si sono registrati al servizio. La selezione dei partner viene compiuta dal software sulla base della preferenza sessuale espressa dal ricercatore e di vari altri criteri, dalla prossimità geografica alla profilazione delle scelte compiute in precedenza dall’utente. Per ogni immagine che si mostra sullo schermo, l’utente compie una scelta di approvazione o di rifiuto, semplicemente facendo scivolare la fotografia verso destra o verso sinistra, carezzando con il dito il monitor del cellulare. Il famoso swipdi Tinder. Quando capita che l’approvazione di due utenti (con lo swip verso destra) è reciproca, l’incontro diventa possibile. È il fatidico matchdi Tinder (avvenuto, a quanto ci dicono, più di 30 miliardi di volte). L’app mette in contatto i due soggetti tra cui si è scoperta un’affinità elettiva, almeno di tipo iconografico, e questi possono cominciare a dialogare attraverso la chat: il seguito è lasciato alla loro creatività.
Tinder vanta oltre 100 milioni di download su sistemi iOS e Android, 50 milioni di utenti attivi al mese e 10 milioni di utenti attivi al giorno. Di questi, 4,7 milioni non sono solo registrati ai servizi dell’app, ma sono anche clienti paganti: 384 mila in più rispetto al dicembre 2018, 1,3 milioni in più rispetto al marzo 2018. Quando parlavo di compulsione, alludevo all’effetto dell’amore per lo swip: la semplice iscrizione infatti limita il numero di immagini e di scelte che possono essere viste e selezionate al giorno. La moneta sonante permette alla curiosità di sfogarsi senza limiti, continuando a scorrere ritratti fino alla dipendenza nevrotica; ma soprattutto, permette al fatturato di Match.com di crescere suscitando l’entusiasmo dei suoi razionalissimi azionisti.
Ma le sorprese di Tinder non sono finite, e non sono tutte imprigionate dall’utilitarismo della ragione calcolante. Nel 1914, Christian Rudder ha pubblicato un libro intitolato Dataclisma: chi siamo quando pensiamo che nessuno ci veda. Il testo è di grande interesse per chi si occupa di siti di incontri online, dal momento che il suo autore (la cui carriera è cominciata in Google) è uno dei fondatori di OkCupid, un altro dei siti che Match.com ha acquistato nel corso della sua carriera di potenziale monopolista di appuntamenti al buio in formato digitale. In breve, ci dice Rudder, quello che prevaleva fino al 2014 era l’istinto razzista con cui si cercano e si scelgono i partner. Nella società multietnica dell’America colta e urbana, i bianchi vogliono incontrare ragazze bianche, i neri ragazze nere, gli asiatici ragazze asiatiche. Lo stesso vale a parti invertite, quando sono le donne a esplorare il mondo maschile. E i bianchi sono la classe di utenti che si concede meno pause dall’obbedienza all’istinto razzista.
Rudder scopre anche altri fenomeni divertenti, come il fatto che le ragazze premiate con una valutazione media sul loro aspetto di 3 stelle su 5 riscuotono molta più attenzione rispetto a tutte le altre, incluse le donne bellissime che conquistano l’aureola delle 5 stelle (potrebbe essere un suggerimento anche per il Movimento di Grillo?). Ma questo è solo un dettaglio.
Il fatto è che Tinder, stando a numerose ricerche, sta modificando in modo profondo certi comportamenti sociali. Il Pew Research ci avverte che ormai oltre metà del campione intervistato ritiene che l’appuntamento online sia un evento normale, e che forse il software possa collaborare a scovare un partner migliore di quello che ci potrebbe procurare il caso. Stanno quindi cadendo i pregiudizi sull’uso di piattaforme online per gli incontri – e naturalmente, su chi le usa.
Nei siti tradizionali di incontri per la conquista di una serata con un partner sconosciuto erano richieste la fatica e le promesse di un rapporto a tempo indeterminato: la redazione di un profilo personale completo e convincente, la selezione delle foto opportune, la presentazione di un curriculum economico in grado di sostenere le necessità di una futura famiglia. Tinder ha liberato tutti da questi obblighi e quando il romanticismo viene esplicitamente buttato fuori scena, molti chiedono esplicitamente di vietare l’interazione con i vicini, con i colleghi di campus o di ufficio, con i parenti di ogni ordine e grado.
La registrazione a Tinder non si limita a spogliare il meccanismo della ricerca da molte ipocrisie, ma aiuta anche gli utenti a spogliarsi dai loro pregiudizi. Quando lo scopo è divertirsi per una sera, e il grado di charme richiesto si limita al fascino di qualche fotografia, la scelta del partner tende a mostrare un’inclinazione molto meno razzista. Se la fatica di seduzione diminuisce, sembrano ridursi anche i preconcetti. Un’altra indagine condotta da due sociologi, Josue Ortega dell’University of Essex e Philipp Hergovich dell’Università di Vienna, mostra alcune evidenze sperimentali del fatto che la compulsività dello swipdi Tinder sta modificando le preferenze degli individui, conducendo alla formazione di un numero maggiore di coppie interrazziali. L’app premia la novità, la sorpresa, l’estro del momento – e per dovere di cronaca, anche la disponibilità. In ogni caso, favorisce una varietà che la ricerca più ponderata sembra impedire. Nell’ultimo quarto di secolo le presentazioni architettate dagli amici hanno perso il 25% della loro efficienza nello scatenare il colpo di fulmine; le probabilità di trovare un partner tra colleghi di ufficio, o tra amici del college, si sono dimezzate; rari gli incontri a buon fine tra vicini di casa, e quasi azzerati gli amori sbocciati in chiesa. Il confronto con l’online può ancora essere retto, in qualche misura, dagli incontri casuali al bar. Se ne deve quindi concludere, come già sospettava Dante, che più che il razzismo poté il digiuno.