Stringe accordi con gli ospedali per accedere ai dati delle cartelle cliniche. Acquista una società di tecnologie indossabili in grado di controllare i nostri parametri fisici. Vuole applicare tecniche di intelligenza artificiale per analizzare miliardi di dati e prevedere l’evoluzione della salute dei singoli. Strategia di un monopolista che sta progettando il nostro futuro
Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, le tre notizie più rilevanti su Google riguardano tutte il settore della salute.
Il primo è l’acquisto di FitBit (il 30 ottobre) per 2,1 miliardi di dollari. FitBit è una delle società di weareable technology più importanti del mondo: ha venduto cento milioni di orologi per la misurazione delle prestazioni sportive di chi li indossa, di alcuni parametri collegati alle attività fisiche, come il battito cardiaco, e persino di alcuni sintomi utili alle analisi mediche, come le aritmie del cuore e l’apnea notturna.
Il secondo (sempre il 30 ottobre) è il discorso David Feinberg alla conferenza sul progetto Google Health. Feinberg è uno psichiatra senza particolari competenze tecnologiche a cui il Ceo Sundar Pichai, ha affidato la direzione del settore Health. A convincerlo ad accettare una trasformazione radicale della sua carriera – racconta – è stata la potenzialità dell’intervento di Google che si estende a milioni di individui in tutto il mondo.
Il terzo è la pubblicazione di un articolo del Wall Street Journal (11 novembre) che ha rivelato l’accordo tra Google e la catena ospedaliera Ascension, che gestisce una delle principali catene di ospedali negli Usa, di orientamento cattolico, con 150 istituti di cura in venti Stati. Secondo il Wall Street Journal, Google avrebbe ottenuto accesso ai dati di decine di milioni di pazienti americani, senza il loro consenso e senza che nemmeno ne fossero consapevoli. 150 dipendenti di Mountain View sarebbero già in grado di consultare le informazioni sulle cartelle cliniche, quando ancora Alphabet non ha mostrato di rispettare gli obblighi sul trattamento dei dati previste dalla regolamentazione federale. Si chiama “Nightingale Project”, progetto usignolo.
Un mercato da 3.500 miliardi di dollari
L’interesse di Mountain View per il mercato farmaceutico (il cui valore nel mondo è 3.500 miliardi di dollari) non è una novità. Nel 2008, con il progetto Flu Trends, Google aveva mostrato di poter prevedere un’epidemia di influenza, a partire dalle interrogazioni sul motore di ricerca, con alcune settimane di anticipo rispetto alle autorità sanitarie. Il team di Google aveva analizzato 50 milioni di query tra il 2003 e il 2008, e aveva individuato i segnali che avevano preceduto lo sviluppo del contagio. Ma quella metodologia è stata abbandonata nel 2009 quando i timori per la pandemia del virus H1N1 hanno fatto moltiplicare le richieste al motore di ricerca da parte di utenti che non avevano alcun sintomo mettendo fuori strada l’algoritmo che previde una diffusione del contagio che in realtà non esisteva.
Il fallimento di Google Flu Trends ha tuttavia permesso ai virologi di avviare programmi di ricerca mai tentati in precedenza, e ha autorizzato uno scetticismo costruttivo nei confronti dell’uso dei Big Data in ambito medico.
A dieci anni di distanza Google torna sull’argomento, e a quanto si può evincere dalle parole di Feinberg il focus è sul motore di ricerca. Le funzionalità dedicate alle interrogazioni mediche sono pensate sia per un pubblico di specialisti, sia per gli altri utenti.
Per gli esperti a Mountain View stanno progettando una barra di ricerca ad hoc, per agevolare l’accesso alla documentazione scientifica e a quella burocratica, al fine di ridurre il dispendio di tempo da destinare alla ricerca delle informazioni e al dibrigo delle questioni amministrative.
Per il pubblico non specialistico Google promette di fornire solo materiale scientificamente autorevole. Il motore di ricerca vuole essere il garante della verità in Rete: fake news, ciarlatani e fattucchieri non devono (o non dovrebbero) trovare spazio nei listati di risposte.
L’obiettivo sono i dati
Le intenzioni di Google appaiono dunque tutte meritorie. Il dispendio di risorse e di talenti per garantire o ripristinare la salute delle persone è da sempre metodo di conquista del consenso popolare, oltre che di uno dei mercati più grandi del mondo. Ma se Google volesse limitarsi alla gestione della ricerca online, non sarebbe chiaro per quale motivo stia investendo miliardi di dollari in aziende di wearable technology(tecnologia da indossare) e in partnership con catene ospedaliere. In realtà lo scopo di operazioni finanziarie così vaste è l’accesso ai dati individuali di milioni di individui, non solo la razionalizzazione delle loro interrogazioni online o il censimento dei documenti accademici e professionali.
Gli Usa hanno investito 36 miliardi di dollari nel programma di digitalizzazione delle cartelle cliniche, con due obiettivi: da un lato rendere più agile per i medici registrare su un unico file tutte le informazioni dei malati (patologie, interventi, medicinali…), dall’altro lato garantire al cittadino la certezza di conservare in un unico archivio le proprie interazioni con tutte le strutture mediche e di poterle rendere accessibili in modo automatico.
Ma a maggio un’inchiesta di Fortune ha mostrato che l’enorme investimento in cartelle elettroniche (presenti oggi nel 98% degli ospedali) è stato un mezzo fallimento: i sistemi digitali non comunicano uno con l’altro e i medici devono passarsi i dati dei pazienti con un una chiavetta o un cd-rom.
Lo Stato Federale ha sottoscritto accordi di fornitura di software con aziende che hanno poi patteggiato in tribunale pene pecuniarie da 40-50 milioni di dollari per chiudere i procedimenti intentati contro di loro dai familiari di pazienti uccisi da bachi nel software che gestiva le loro cartelle cliniche, come eClinicalWorks e Greenway Health. Gli appalti sono concessi a prezzo di tangenti e di varie forme di corruzione, con metodi che non hanno nulla da invidiare a quelli che affollano le cronache italiane.
La strategia di Kurzweil
In un contesto del genere l’intervento di Google potrebbe essere salutato come un toccasana. A Mountain View esistono le risorse per analizzare miliardi di dati e trarne conclusioni utili ai casi individuali. Ray Kurzweil, il capo degli ingegneri di Google (autore de La singolarità è vicina), persegue questo obiettivo da ben prima della sua assunzione, avvenuta nel 2013. Gli investimenti di Google in intelligenza artificiale sono tra i più importanti del mondo, e per la prima volta un computer quantistico ha sviluppato un’elaborazione completa proprio negli uffici di Mountain View, a quanto afferma una nota ufficiale di cui abbiamo parlato poco più di un mese fa in questo blog.
L’imposizione dei propri standard all’intero mercato del software delle cartelle cliniche non sarebbe un fatto nuovo, per Google, nella storia dei metodi di ingresso in un settore industriale. L’azienda di Mountain View ha già imposto i suoi standard nelle aste per la pubblicità online, nei servizi mail, nei browser, nelle mappe e nei navigatori, nei sistemi operativi del mobile e in quello dei riconoscitori vocali. Tutti questi settori hanno subito un processo di invasione e di dominazione che insegna molto su cosa potrebbe accadere di nuovo. In più, Google sembra aver preparato un’integrazione dei dati presenti nelle cartelle cliniche con i segnali che provengono dalle “misure” dei dispositivi di FitBit già presenti sul mercato, o di prossima uscita. Questa mossa renderebbe l’offerta commerciale di Alphabet più ampia e più completa dal punto di vista della prevenzione medica, rispetto a quella di Apple.
La strategia aziendale sembra plasmata dalla ideologia della singolarità maturata da Ray Kurzweil. Google adotta una concezione a tutto tondo del welfare, con una capacità di monitoraggio e di prevenzione a livello individuale che non conosce paragoni in nessuna struttura pubblica o privata.
Se questo disegno fosse realmente quello che muove Mountain View, i rischi per la privacy dei milioni di cittadini i cui dati sono stati intercettati dagli archivi di Google, via Ascension (come sostiene il Wall Street Journal), passano addirittura in secondo piano rispetto al progetto antropologico(quindi politico nel senso alto del termine) di Alphabet.
La strategia di Kurzweil, che si alimenta dei calcoli dell’intelligenza artificiale sui Big Data, punta ad arrivare a predizioni sull’individuo, capaci di prevenire le malattie, invece di curarle. In questo contesto l’uomo viene concepito come un fascio di dati, che affida a Google il compito di misurazione e di trascrizione sistematica dei segnali del proprio corpo, attraverso i dispositivi hardware e software di Google e dei suoi partner.
Non è chiaro se questa strategia preveda la diffusione delle informazioni personali alle compagnie di assicurazioni (per le polizze di previdenza medica), e alle banche (per la concessone dei crediti). Ma in fondo questa è una questione secondaria rispetto al modo in cui Alphabet deciderà di organizzare e concedere i servizi della sua infrastruttura. La discriminazione tra chi accede ai benefici della sua tecnologia, qualunque sia il criterio prescelto (economico, etnico, censuario, professionale, persino casuale o fondato su lotterie) può ridisegnare la mappatura sociologica delle classi, quella antropologica delle etnie, quella escatologica dei sommersi e dei salvati.
In un momento in cui l’istituzione statale si trova in difficoltà ovunque nel mondo, e in particolare negli Usa, dove è in corso la distruzione dell’Obamacare ad opera di Trump, la mossa di Google di proporsi come uno dei principali attori della gestione e dell’erogazione dei servizi di welfare, o addirittura come un monopolista dei dati sulla salute, rappresenta un evento che dovrebbe essere letto dal punto di vista politico prima ancora che finanziario o commerciale.
Anche laddove la realtà futura non si configuri come un vero e proprio monopolio, l’instaurazione di uno standard di fatto, determinata dalla forza economica e tecnologica di un soggetto privato e non dalla regolamentazione pubblica, deve essere letta come un evento politico di primaria importanza.