Approfondimenti
Trump, Salvini e la società polverizzata da Internet
La rivoluzione del web, e dei social, è stata quella di dare cittadinanza a tutte le nostre ossessioni, persino alle nevrosi individuali, ciascuna delle quali può trovare una comunità di riferimento. Così anche i nostri istinti peggiori diventano idee da coltivare. E da targhettizzare con la propaganda politica.
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Segnalazioni
Chi è il più intelligente?
Elon Musk (fondatore di Tesla): “I computer sono molto più intelligenti degli uomini in diversi campi”.
Jack Ma, (fondatore di Alibaba): “I computer saranno intelligenti, ma gli esseri umani lo sono molto di più. Noi abbiamo inventato i computer ma non ho ancora visto un computer inventare un essere umano”.
I giornali più letti online
Secondo Audiweb, che ha appena pubblicato la sua Total Digital Audience, nel giugno 2019 era ancora Repubblica la testata giornalistica più letta online: 2.948.000 utenti unici (erano 3.472.000 nel giugno 2018, – 15%, ma quello era il mese della formazione del primo Governo Conte); il Corriere della Sera: 2.433.000 (-0,2%); Il Fatto Quotidiano: 1.515.000 (-19%); La Stampa: 1.113.000 (+20%). Fanpage resta uno dei giornali online più letti: 1.517.000 utenti unici al giorno; soprattutto è il primo nei video: 634 mila utenti al giorno, contro i 325 mila di Repubblica e i 217 mila del Corriere.
Qualcosa sta cambiando
Dopo vent’anni di sonno, con gli Stati ipnotizzati dal mantra “Internet è il regno della libertà: niente regole”, le cose hanno cominciato a muoversi nel 2018. E ora, improvvisamente, il cambiamento sta subendo un’accelerazione in (quasi) tutto il mondo. Nei prossimi anni c’è da aspettarsi una battaglia durissima tra i governi e le piattaforme web: il ruolo dell’Europa sarà cruciale. Ecco quattro esempi delle sfide in atto.
1. Usa: l’Antitrust a Google: non seguire i bambini
La Federal Trade Commission (l’Antitrust americano) e lo Stato di New York hanno inflitto a Google una multa da 170 milioni di dollariper violazione della privacy dei bambini. Più precisamente, YouTube ha raccolto dati sugli utenti minorenni (sapendo che alcuni canali sono popolari soprattutto tra i bambini) e li ha usati per scopi pubblicitari, un’attività proibita per legge (dal Children’s Online Privacy Protection Act). Molti osservatori hanno notato che si tratta di una multa incredibilmente piccola, pari ai profitti di 37 ore di attività della piattaforma.
2. Usa: gli Stati contro Google
La prossima settimana oltre la metà dei procuratori generali degli Stati Usa dovrebbero aprire un’inchiesta contro Googleper violazioni delle regole antitrust.
3. Irlanda: Google vende la nostra privacy?
L’Authority irlandese sulla privacy sta indagando su gravi abusi da parte di Google, che – secondo le accuse – avrebbe utilizzato pagine web nascoste per fornire ai pubblicitari dati personali degli utenti contravvenendo alle regole fissate dall’Unione Europee sulla privacy. I dati in questione (utili per targhetizzare i messaggi pubblicitari) sono relativi alla razza, la salute e le tendenze politiche degli utenti. Google fornirebbe ai clienti la possibilità di seguire il comportamento dei singoli utenti sul web per mettere a punto un profilo personale. Illegalmente.
4. Germania: Antitrust tedesco: i trucchi di Facebook
L’Antitrust tedesco porta Facebook davanti all’Alta Corte. L’accusa? Raccogliere illegalmente dati sugli utenti
La svolta di YouTube: 500 milioni di commenti cancellati
Il clima è sempre meno favorevole e le piattaforme cercano di adeguarsi. Il 25 agosto scorso, Susan Wojcicki (numero uno di YouTube) pubblicò un post difendendo la libertà di espressione e di pubblicazione della piattaforma (Preserving Openess Thorugh responsability). Il 3 settembre un nuovo postannuncia, come niente fosse, che ora cambia tutto: Youtube cancella 100 mila video, 17 mila canali e oltre 500 milioni di commenti che diffondevano odio. Un’inversione di 180 gradi.
Perché Amazon fa pochi profitti
Amazon vale 906 miliardi di dollari, è la terza azienda al mondo per capitalizzazione di mercato – prima di lei Microsoft (1.062) e Apple (963) ma fa pochissimi profitti. Nell’ultimo trimestre ha denunciato un fatturato da 63 miliardi di dollari, con il 4% di profitti (Google è al 22%, per fare un esempio), un po’ più del solito ma sempre pochissimo rispetto alla tradizione delle aziende quotate in Borsa. Vendite stellari, bassi profitti: perché?
Jason Del Rey (nell’ultimo episodio del suo podcast, The Land of the Giants) sostiene che i piccoli margini sono il segreto del successo dell’azienda. Secondo Del Rey il segreto è il cash flow, cioè il denaro contante incassato ogni giorno da Amazon nelle sue attività di e-commerce. Una grande parte di quel flusso di denaro proviene dalla cosiddette “terze parti” che si affidano alla piattaforma di Amazon per vendere i loro prodotti. Ebbene, Amazon ripaga le terze parti venti giorni dopo l’incasso e questo denaro contante le serve non solo per pagare i propri dipendenti ma anche per investire (senza indebitarsi) in settori nuovi, che spesso sono più profittevoli dell’e-commerce (dove è obbligata a comprimere i prezzi per conquistare quote di mercato): per esempio i centri dati, il cloud computing, le tecnologie per l’energia solare ed eolica. Bassi profitti vuol dire anche meno tasse. I candidati democratici Joe Biden ed Elizabeth Warren, e persino il presidente Donald Trump, hanno criticato l’azienda per le scarse imposte versate all’erario. Risposta: paghiamo quello che la legge prevede, investiamo nel futuro e deduciamo gli investimenti. Nonostante i bassi profitti, gli investitori continuano a puntare su Amazon: sanno che alla lunga, quando un monopolio si consolida, i margini di profitto salgono.
Polizia Amazon Srl
L’attività principale dei grandi del web? Il controllo. Molto inchiostro è stato speso per sottolineare come l’azienda cardine della galassia Google sia Nest, la società specializzata in termostati che è ormai il punto chiave nella strategia di Google per la casa intelligente: sistemi di allarme, fughe di gas e fumo, stato degli elettrodomestici e così via.
Anche Amazon è saldamente radicata in questo business. Nel 2018 ha acquisito Ring (per 839 milioni di dollari) una società specializzata in sistemi di sicurezza per la casa (videocamere interne ed esterne alla casa, sensori di moto e così via). Le telecamere che controllano i dintorni della casa sono collegate a un app (“Neighbors”, vicini di casa) che condivide le immagini con gli abitanti della zona collegati a un social network dedicato attraverso il quale si può controllare e registrare tutto quello che succede nei dintorni: chi suona un campanello, chi porta a spasso il cane, chi si aggira furtivo. La novità è che Amazon ha contratti di collaborazione con 405 Dipartimenti di polizia sparsi in tutti gli Stati Uniti, e il numero cresce ogni giorno: tutti collegati alla app di Ring.
Facebook nel business dell’amore digitale
Dopo averlo sperimentato per un anno in Colombia, Facebook lancia Datingnegli Stati Uniti (e in altri 18 paesi, tra cui il Canada) e tra pochi mesi (inizio 2020) in Europa. Si tratta di un’applicazione per cercare l’anima gemella (o semplicemente per rimorchiare, come Match.com, Tinder, OKCupid e Hinge), visibile sulla pagina Facebook di chi ha almeno 18 anni. Gli utenti che decidono di utilizzarla (basta un clic) possono scegliere il profilo della propria pagina Facebook (per incontrare partner scelti tra gli amici degli amici) o crearne uno del tutto nuovo, uscendo dalla propria rete, grazie ai “like” inviati ai profili suggeriti da Facebook. La nuova applicazione potrà utilizzare Messenger e sarà integrata con Instagram. Il Financial Times osserva con ironiache, se Dating avrà successo, “i consumatori potranno finalmente vivere la propria intera vita digitale su servizi che appartengono a un’unica azienda”, ma questo potrebbe creare qualche problema con qualche Autorità Antitrust. Casey Newton nota che“Facebook Dating potrebbe avere un vantaggio ingiusto nei confronti dei concorrenti”. Per Facebook è una lotta contro il tempo: vuole arrivare alla completa integrazione di tutti i suoi prodotti (Instagram, Whatsapp, Messenger e ora Dating) prima che l’Antitrust le chieda di separarli, e magari di venderli. A quel punto Facebook dirà: “Spiacente: è impossibile”.
Più della metà delle ricerche su Google finisce senza clic
Apparentemente sembra una notizia tecnica, e invece è il punto chiave per capire come il potere monopolistico di Google si stia ogni giorno rafforzando. La notizia è questa: nel giugno 2019, per la prima volta, più della metà delle ricerche su Google (50,33%) si è conclusa con zero clic. Spieghiamo meglio. Chi è abituato a fare ricerche su Google avrà notato che sempre più spesso il motore di ricerca è in grado di rispondere direttamente a una nostra richiesta (la superficie della Groenlandia, il numero di abitanti di Milano o l’età di Giuseppe Conte) senza obbligarci a un ulteriore clic: Google trova quell’informazione per noi. Questo è utile perché ci fa risparmiare tempo ma contemporaneamente fa aumentare il tempo che noi passiamo su Google, rende meno probabile che noi consultiamo le fonti primarie e ci obbliga, come si dice in gergo, “all’interno di un giardino recintato”. Per essere più precisi: dopo aver impostato una ricerca su Google, nel 50,33 per cento dei casi gli utenti non fanno alcun clic, nel 12% dei casi cliccano su un sito di Google (YouTube, GoogleMaps, Android e altri) e nel 4,5% dei casi cliccano su un sito indicato da una pubblicità ospitata da Google. I rimanenti (meno del 35%) finiscono su una porzione di web non controllato da Google. Non si tratta di un dettaglio insignificante perché Google ha un dominio incontrastato nelle ricerche sul web: il 94% (contando anche Google Images, Google Maps, YouTube) sul computer e il 97% sui dispositivi mobili. Difficile negare che Google sia un monopolio.