Newsletter #6

Approfondimenti

La fine dei giornali locali?

di Enrico Pedemonte

La prevede il direttore del New York Times. Secondo lui l’attuale modello di business non consente più la loro sopravvivenza. Il mercato italiano sembra dargli ragione. I nostri giornali locali hanno perso oltre la metà delle copie dal 2008, quelli più grandi addirittura i due terzi. Quanto potranno resistere prima di chiudere? E soprattutto, perché nessuno ne parla? (continua la lettura)

Il dividendo delle fake news


di Enrico Pedemonte

Un video truccato mostra la leader democratica Nancy Pelosi ubriaca sul palco. Il presidente Trump lo diffonde. Facebook si rifiuta di cancellarlo. E la discussione che nasce affronta nodi difficili da sciogliere: la censura nell’era digitale, e gli effetti sorprendenti delle bugie… (continua la lettura)

Segnalazioni

Quattro editori tedeschi uniti contro le piattaforme

Quattro grandi editori tedeschi hanno stretto un accordoper combattere lo strapotere di Facebook, Google e Amazon nel mercato pubblicitario. I gruppi sono: Axel Springer, Funke Mediengruppe, RTL Group e Gruner+Jahr. Messi insieme i 4 gruppi (con riviste come Bild, Welt, Des Spiegel, Stern, Geo…) hanno oltre 50 milioni di utenti unici al mese sul web (Facebook ne ha 40). Il loro obiettivo: riprendere il controllo degli investimenti pubblicitari con un’unica centrale di vendita, combattendo direttamente le piattaforme digitali che stanno soffocando i giornali. Unendo le forze i 4 gruppi puntano ad offrire agli investitori (a partire dal 2020) una capacità di targettizzare gli utenti simile a quella dei colossi digitali, in un momento in cui cresce, da parte delle aziende, il timore di investire in pubblicità in piattaforme che veicolano fake news. I gruppi editoriali, al contrario, con la forza del loro marchio, sono una garanzia contro le fake news. 

Amazon vuole leggere le nostre emozioni

Bloomberg scrive che Amazon sta lavorando a un nuovo strumento per leggere le emozioni degli utenti analizzando la loro voce, grazie a un’applicazione dell’intelligenza artificiale. Non è ancora chiaro se la tecnologia in fase di elaborazione dovrà mai diventare un prodotto commerciale autonomo, o se sarà integrata in altri dispositivi di Amazon, come l’assistente Alexa/Echo. L’obiettivo è quello di targettizzare meglio la pubblicità ed entrare nel mercato dei farmaci. Amazon vuole estendere la penetrazione commerciale dei suoi assistenti digitali con la realizzazione di auricolari wifi. Sta anche lavorando ad accordi con le case automobilistiche per integrare le proprie tecnologie nel sistema operativo delle auto. Anche Google e Microsoft stanno sviluppando tecnologie analoghe, di cui non si conoscono i dettagli. 


La Corte Suprema mette Apple nei guai

La Corte Suprema, con una recente sentenza, pone le basi per l’apertura di un’indagine sul comportamento monopolistico di Apple nella gestione dell’App Store. I clienti che lo usano potranno denunciarla con l’accusa di avere fatto salite indebitamente i prezzi. La Corte Suprema mette in discussione le regole dell’App Store e la commissione (il 30 per cento) che la Apple chiede a quanti utilizzano lo Store per vendere applicazioni (e abbonamenti). La domanda è semplice: Apple privilegia le proprie applicazioni (per esempio Apple Music) rispetto a quelle dei concorrenti (per esempio Spotify)? Il problema è serio, in un momento in cui Apple (che tra l’altro si sta lanciando nel mondo dei videogiochi) sta spostando sempre più la propria strategia verso la vendita di servizi.  

42 paesi firmano per regolare l’intelligenza artificiale

Un gruppo di 42 paesi (tra cui Stati Uniti, Giappone e tutti i principali paesi europei, compresa l’Italia) hanno firmato un documentoche contiene un lungo elenco di raccomandazioni per regolare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. È la prima volta che un’assise internazionale così ampia trova un accordo (pur non vincolante) per porre dei limiti a un settore che in questi anni ha fatto passi da gigante, in assenza di ogni regola, grazie alla ricerca di aziende private come Google, Amazon, Facebook, Microsoft, Baidu, Tencent. I principi approvati dai 43 paesi auspicano uno sviluppo dell’IA che rispetti i diritti umani, i valori della democrazia, il benessere individuale, incoraggiando la creazione di nuove regole per scongiurare i rischi associati alla nuova tecnologia. Cina, Russia e India non hanno firmato la dichiarazione. Il Financial Times fa notareche l’India, combattendo regole etiche troppo rigide allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, punta a diventare il nuovo “garage dell’AI”, dove le aziende investano per essere più libere di sperimentare.  

Un Google di precari (linguisti)

Un’inchiesta del New York Timesrivela che Google ha più lavoratori precari (121 mila) che stabili (102 mila). I precari lavorano a fianco di quelli regolari, ma sono assunti da agenzie esterne, sono pagati una miseria, non hanno vacanze pagate né alcun tipo di garanzia e vengono invitati in modo pressante a fare straordinari non pagati. Il tutto con la speranza di un’assunzione definitiva tra i ranghi di Google. Il titolo di un editoriale del New York Timessuona così: “Google dovrebbe cercare su Google il significato di “impiegato”.  Qualche giorno dopo il Guardian scava nel progetto “Pigmalione” (di Google) che coinvolge precari il cui grado di formazione minimo richiesto è la laurea in linguistica (ma molti sono dottorati e possessori di master). Obiettivo: migliorare l’apprendimento linguistico dell’assistente di Google. In molti casi l’intervento si spinge alla elaborazione di grammatiche per l’interpretazione delle espressioni orali e per le risposte corrette. La retribuzione media è 10 volte inferiore a quella dei colleghi assunti a tempo indeterminato da Google. 

Riconoscimento facciale: affari nel Golfo

Il mondo occidentale sta cominciando a porre limitazioni all’uso del riconoscimento facciale sulla scia di San Francisco che le ha proibite per le strade. Ma i giganti della tecnologia esportano sempre più queste tecnologie nel Medio Oriente. Ibm promuove i propri sistemi di sorveglianza biometrica negli Emirati Arabi Uniti (in concorrenza con le cinesi Huawei e Hikvision), dove la polizia di Dubai ha avviato il progetto Oyoon per il riconoscimento facciale in tutta la città. The Intercept sostieneche Google ha fornito al governo cinese le tecnologie di un motore di ricerca (Dragonfly) che consente di collegare le ricerche degli utenti al loro numero di telefono. 

L’intelligenza artificiale ha bisogno di umanisti

Buone notizie per i cultori delle materie umanistiche. Uno dei più importanti investitori in startup tecnologiche, Mark Cuban, in una lunga intervista ha dichiarato che a breve constateremo una profonda trasformazione nel mercato del lavoro. La svolta è motivata dall’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Il suo sviluppo nella fase attuale (ancora embrionale) comporta l’assunzione di laureati in scienze dell’informazione e ingegneria del software. Ma presto sarà indispensabile un contributo molto più rilevante di esperti in scienze umane per soddisfare le necessità di apprendimento che i sistemi di machine learning dovranno compiere in tutti gli ambiti di applicazione. 

Mai più brutte facce al bar

PatronScan è un softwareche identifica i clienti dei bar e verifica se sono inclusi in qualche lista di persone indesiderate. L’obiettivo (dichiarato) è evitare rischi di risse, molestie sessuali, violenze da gang urbane, possesso di droga, eccetera. La Servall Biometrics, la società che lo produce e lo gestisce, sostiene di aver censito 60 milioni di identità su un network di 200 città – e di condurre questa operazione solo al fine di assicurare la tranquillità pubblica, e naturalmente di evitare rischi economici ai gestori dei bar. 

Harvard riscrive l’economia?

La Harvard University ha aperto un nuovo corso base di economia affidandolo a Raj Chetty. A prima vista sembra una notizia da addetti ai lavori. E invece sta facendo scalpore perché potrebbe cambiare la formazione dei nuovi economisti in tutto il mondo e dare una sterzata alla cultura economica. Andiamo con ordine. 

Il manuale del corso di base di economia di Harvard (Ec101) è una specie di Bibbia (ormai alla quinta edizione): è venduto in tutto il mondo (costa 280 dollari e, grazie all’egemonia culturale che Harvard ha sempre vantato, ha finora fruttato 42 milioni di dollari in royalties all’autore, Gregory Mankiw, che tra le altre cose è stato consulente economico di George Bush. Il manuale ha un approccio conservatore (con aperture al mondo liberal, in modo da piacere a tutti gli studenti) e un’impostazione tradizionale basata sulle leggi classiche della domanda e sul funzionamento della società in generale. 

Ma ora Harvard ha deciso l’apertura di un nuovo corso base di economia e lo ha affidato a Raj Chetty, che propone di riconsiderare la configurazione stessa dell’economia, trasformandola in una scienza strettamente sperimentale – eliminando la sovrastruttura di teoria che compone larga parte dell’impostazione del Mankiw. Il materiale del corso di Chetty è interamente disponibile online ed è composto da analisi basate su Big Data riferite a casi reali, relative a situazioni successive al 2010. In questo modo, gli effetti sociali delle diseguaglianze, dell’irrazionalità del comportamento del pubblico, vengono inseriti nella comprensione della scienza economica. L’accusa dei detrattori è quella di trasformare l’economia in statistica applicata; ma l’impostazione di Chetty sembra andare nella direzione presa dalla maggioranza dei giovani economisti, con un forte orientamento all’analisi di casi particolari e l’abbandono dei grandi sistemi. Dal punto di vista degli esiti politici, questa nuova direzione di formazione potrebbe liberare l’economia politica dalle ideologie teoretiche, e avvicinare le soluzioni a una comprensione più stringente dei problemi sociali.

DATI


Aziende di novellini

L’età media a Facebook, Linkedin e SpaceX(la società per l’esplorazione spaziale fondata da Elon Musk) è 29 anni.  


Facebook rallenta

Gli analisti di eMarketer sostengono cheil tempo medio passato dagli utenti su Facebook è in calo: 38 minuti al giorno nel 2008, tre minuti in meno rispetto all’anno precedente, mentre tocca i 26 minuti (uno in più) il tempo trascorso su Instagram (negli Usa). In Italia, nel 2006, (Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido.) la media era di 28 minuti su Facebook e sette minuti su Instagram.